In linea generale la consulenza penale cd “preventiva” si è fortemente concentrata in questi ultimi anni nelle materie del diritto penale, fallimentare-societario e della responsabilità amministrativa degli Enti.

Per converso ci sono materie in cui si è relativamente ridotta, penso, a titolo puramente esemplificativo, alle materie, ovviamente sempre nell’ambito penale, ambientali, nelle poliformi ipotesi di inquinamento in genere piuttosto che alimentare o tributaria.

I motivi di questa contrazione forse sono legati al fatto che nel primo caso (ambientale) ormai la giurisprudenza si è così ramificata e diversificata per interpretazioni, applicazioni, prassi, anche nei diversi territori, da rendere difficile che la consulenza possa raggiungere l’obiettivo primario che è quello di rendere certi che l’adozione di determinati comportamenti possa utilmente prevenire i rischi del penale.

Vi è anche da dire che si sono moltiplicati i profili soggettivi consulenziali su detti temi e sempre più incrociate sono le competenze necessarie per addivenire alla risoluzione di un progetto o lavoro delicato in materia.

Non va sottaciuto che con la nascita di apposite società di consulenza, con professionalità molto articolate, non è più scontato che per problematiche in siffatte materie il legale sia l’unico interlocutore possibile, come avveniva in  passato.

La materia della prevenzione degli infortuni sul lavoro o della salute dei dipendenti in genere ne è chiara conferma.

Restano invece di grande spessore ed attualità le materie fallimentare e societaria, tarate sulle procedure risolutive dell’insolvenza, pre e durante le medesime, e a prescinderne l’esito.

Va detto che gli argomenti richiedono spesso conoscenze delle interpretazioni strettamente penalistiche che si differenziano profondamente anche dalle corrispondenti conoscenze tradizionali del diritto fallimentare canonico, anche sugli stessi fenomeni giuridici diversamente letti.

L’imprenditore, anche capace, anche competente, quando entra in questa area di grande rischio, aumenta le fibrillazioni gestionali perché si accorge di addentrarsi spesso in una giungla interpretativa di regole arcane che derivano da filosofie ignote e sottese all’applicazione del diritto penale d’impresa, talvolta appunto estranee alle più ortodosse esegesi del diritto fallimentare di un’impresa in bonis.

Noi abbiamo coltivato queste insidie, anche a livello speculativo non solo professionale, proprio decidendo di scrivere un volume “Le nuove responsabilità civili e penali nelle società di capitali”, edito dalla Giuffrè (scritto a più mani anche con i miei partners Paolo Panella e Francesca Spadetto), con lo scopo precipuo di comparare e confrontare come uno stesso concetto, per esempio l’amministratore di fatto o un’operazione tradizionale di leveraged, scissione, fusione o una acquisizione possano assumere sembianze diverse a seconda che a giudicarle siano il giudice penale o quello civile, richiedendo quindi professionalità a 360 gradi per cogliere delle letture talora inaspettate per chi opera solo per una società in amministrazione attiva

Lo stesso vale, mutatis mutandis, per le responsabilità degli Enti che, ai problemi di cui sopra, si aggiungono le insidie collegate ad un sistema sanzionatorio che può avere, senza sostanziale colpe specifiche dell’Ente, degli impatti particolari pervasivi anche nei rapporti con la Pubblica Amministrazione minando talvolta anche la logica acquisitiva delle stesse operazioni di M&A.

Su questi ultimi argomenti si profila sempre una maggiore diffusione di aree di responsabilità e quindi la necessità di investire risorse specifiche tese a prevenire dei pericoli con potenzialità deflagranti affinché chi è interessato al deal come acquirente/socio non partecipi del fatto illecito presupposto e, ancorché in buona fede, diventi vittima sacrificale delle tutele che derivano dalle leggi interpretative di settore.