In tema di contratti derivati speculativi
La giurisprudenza si è occupata dei contratti derivati, in particolare con finalità speculativa e non di mera copertura, cambiando, nel giro di pochissimo, orientamento.
Se da tempo si discuteva in ordine alla possibilità di riconoscere la sussistenza di un vizio genetico di contratti derivati in ragione della relativa natura speculativa ovvero per il difetto di informazione al cliente sull’effettiva distribuzione dell’alea, la Corte di Cassazione, con sentenza del 2013 (Cass. 18.09.2013, n. 3459) aveva affermato la meritevolezza dei contratti derivati solo in presenza di un’ “alea razionale”, in quanto bilanciata tra entrambi i contraenti.
Si era affermata la nullità ex art. 1322 c.c. (difetto di causa concreta) del contratto swap in cui l’incertezza circa l’andamento del differenziale venisse in concreto a gravare solo sul cliente (cfr. App. Torino, 27.07.2016, in www.ilcaso.it).
Dallo sbilanciamento del rischio a carico del cliente, a maggior ragione se non dichiarato, si faceva discendere la nullità del contratto.
Tale orientamento era stato confermato nel 2017 dalla Cassazione (Cass., 28.07.2017, n. 18781).
Anche nel 2018 il Tribunale di Milano ha precisato che nel regolamento contrattuale deve essere indicato, quantomeno, il metodo di calcolo del MtM, in difetto risolvendosi la quantificazione in una determinazione della sola banca, non verificabile dal cliente, con conseguente indeterminabilità dell’oggetto e nullità dell’intero contratto ex art. 1418 c.c. (Trib. Milano, 08.03.2018, sent. 2807/18).
La Corte d’Appello di Milano, con una pronuncia del giugno 2018, segue una strada diversa, ribaltando il precedente orientamento.
Secondo tale recente sentenza (App. Milano, 11.06.2018, n. 2859/2018) lo sbilanciamento delle alee, ossia una sproporzione tra il rischio assunto dal cliente rispetto a quello della banca, non incide sulla struttura del contratto, e quindi sulla sua validità, perché ciascuna delle due parti, scommettendo, si assume un grado (anche sbilanciato) di rischio.
Legittimo l’interrogativo: ma se il cliente non ne è a conoscenza per un difetto di informativa, sussiste il vizio genetico?
Sul punto la Corte d’Appello di Milano precisa che la causa, essendo un elemento essenziale del contratto, è un elemento oggettivo che nulla ha a che vedere con le informazioni all’investitore, la cui mancanza e/o difetto può determinare esclusivamente una responsabilità precontrattuale o contrattuale, con ciò confermando l’orientamento espresso nelle due sentenze gemelle della Cassazione rese dalle sezioni unite nn. 26724 e 26725 del 19 dicembre 2007 (secondo cui “la violazione delle norme di comportamento degli intermediari finanziari non è di per sé sufficiente per determinare la nullità dei contratti conclusi con il risparmiatore”).
Il difetto di informativa, quindi, non potrebbe mai risolversi in un vizio genetico.
Sembrerebbe quindi potersi distinguere una indeterminabilità oggettiva e genetica della distribuzione dell’alea, quando dalla lettura del contratto nemmeno un tecnico sarebbe in grado di quantificare il rischio assunto dal cliente (caso in cui il tema del vizio genetico potrebbe forse ritornare di interesse?), ed una, per così dire, indeterminabilità soggettiva, conseguenza di un difetto di informativa al cliente.