All’improcedibilità delle istanze di fallimento proposte dal 9 marzo al 30 giugno 2020 (salva la sola eccezione di quelle proposte dal PM unitamente alla richiesta di misure cautelari o protettive), il DL n. 23 del’8 aprile ha aggiunto all’art. 9 una serie di disposizioni che sembrano volte, a nostro avviso, a riconoscere rilevanza di forza maggiore alla pandemia in atto rispetto alle procedure di concordato preventivo e per l’omologa degli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Questa inclinazione emerge con una certa evidenza dalla disposizione del primo comma della norma che proroga ex lege di sei mesi i termini per l’adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione dei debiti già omologati ed i cui termini di adempimento abbiano scadenza dal 23 febbraio al 31 dicembre 2021 (salva la differenza in materia di disciplina delle iniziative per la relativa risoluzione, dal momento che l’art. 186 LF non riguarda gli accordi ex art. 182 bis LF).

Come si può notare viene con ciò “coperto” un periodo ben più lungo rispetto a quello dei rinvii ex lege dei procedimenti in corso e della sospensione dei termini processuali (che l’art. 36 del medesimo DL n. 23 estende fino all’11 maggio 2020).

Per tale ragione si parla già di un “diritto transitorio concordatario”.

Prosegue l’art. 9 del DL n. 23/2020 prevedendo per il debitore, con riferimento ai procedimenti in corso al 23 febbraio 2020 per l’omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, la possibilità di presentare un’istanza per la concessione di un termine non superiore a novanta giorni per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato preventivo (con l’eccezione dell’ipotesi in cui si sia tenuta l’adunanza dei creditori e non siano state raggiunte le maggioranze di cui all’art. 177 LF) o di un nuovo accordo di ristrutturazione dei debiti.

Al debitore è data anche la possibilità, dal comma 3 dell’art. 9 del DL n. 23/2020, di chiedere solamente un differimento dei termini per l’adempimento del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e ciò sino all’udienza fissata per l’omologa, depositando una memoria con indicazione dei nuovi termini (sino a sei mesi) e documentazione a conforto della necessità della modifica (si deve ritenere quale conseguenza della pandemia). Anche esaminando la relazione illustrativa, l’iniziativa del debitore appare definita come “unilaterale” e ciò, con particolare riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti, parrebbe escludere la necessità di un consenso dei creditori aderenti all’accordo alla modifica dei soli termini di adempimento.

Il Tribunale, prevede la norma, acquisito il parere del Commissario Giudiziale, quanto a procedure di concordato preventivo, “riscontrata la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 180 o 182 bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, procede all’omologa, dando espressamente atto delle nuove scadenze” e da un tanto emerge l’interrogativo sull’ampiezza dei poteri del Tribunale e se si sia in presenza di una scontata remissività o meno.

Il comma 4 della disposizione riguarda i concordati con riserva, essendo previsto che il debitore che abbia ottenuto la concessione del termine ai sensi dell’art. 161, comma 6, LF (per il deposito del piano e della domanda completa di tutta la documentazione di cui all’art. 161 LF), anche già prorogato, può prima della relativa scadenza presentare istanza per la concessione di un ulteriore termine sino a 90 giorni (e ciò anche in pendenza di istanze di fallimento), indicando le ragioni poste a fondamento della richiesta di proroga con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza Covid-19. Il tribunale, acquisito il parere del Commissario giudiziale se nominato, concede la proroga quando ritiene che sussistano concreti e giustificati motivi (sempre riconducibili alla pandemia in corso).

Istanza analoga può essere presentata dal debitore che abbia ottenuto la concessione del termine di cui all’art. 182 bis, comma 7, LF. Il Tribunale, conclude la disposizione, provvede in camera di consiglio omessi gli adempimenti previsti dall’art. 182 bis, comma 7, primo periodo, LF e concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basi su concreti e giustificati motivi (correlati al Covid-19) e che continuano a sussistere i presupposti per pervenire ad un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis LF con le maggioranze previste dalla legge.