Rapporti e interferenze tra il delitto di appropriazione indebita e la bancarotta per distrazione
Fra appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta impropria per distrazione vi è concorso formale di reati, ciò significa che un soggetto può compiere uno o più reati con un’unica condotta (azione od omissione) o con più condotte. Ogni appropriazione indebita avente ad oggetto il patrimonio dell’impresa costituisce, laddove intervenga il fallimento, una condotta distrattiva ai fini della configurazione del reato di bancarotta fraudolenta.
Ma non solo essa. Fra appropriazione indebita e infedeltà patrimoniale sussiste un rapporto di specialità reciproca. Anche l’elemento in comune (la riduzione del patrimonio) è diverso: nell’infedeltà patrimoniale , dovendo sussistere un interesse-(anche se in conflitto con quello dell’amministratore)- nell’operazione, l’atto dispositivo rientrerà certamente all’interno del perimetro dell’interesse sociale, mentre la riduzione del patrimonio conseguente all’appropriazione indebita si colloca all’esterno di tale perimetro, essendo necessaria l’esistenza di un contrasto tra l’autore del fatto e il proprietario del bene.
Quando ad una condanna per appropriazione indebita, giudicata con sentenza irrevocabile, segua la dichiarazione di fallimento, la possibilità che si configuri un concorso formale di reati (646 c.p. e 223, comma 1 l. fall.) sembrerebbe far venir meno la preclusione del ne bis in idem ex art 649 c.p.p. in base alla quale non si può essere puniti due volte per la stessa condotta.
Sennonché, l’unico elemento non “coperto”, dal precedente giudicato che rende quindi le condotte non coincidenti è costituito dalla sentenza dichiarativa di fallimento: tale elemento se viene inteso non quale evento del reato (né quale un non meglio specificato elemento costitutivo del reato medesimo) ma come condizione obiettiva di punibilità, rende identico il fatto (da intendersi quale condotta, nesso causale ed evento) oggetto dei due giudizi e dunque operante la preclusione del ne bis in idem.
In sintesi, può succedere che un’appropriazione indebita di una cassa o di un bene sociale può diventare un domani oggetto di un reato molto più grave quale la bancarotta, punita appunto, secondo alcuna giurisprudenza anche due volte, la seconda in modo molto pesante anche nel caso in cui il successivo fallimento o procedura concorsuale prescinda quanto a esito da questa stessa sottrazione.
Nella pratica, tra il fallimento e la condotta distrattiva non viene richiesto il nesso causale, con tutte le conseguenze anche sul piano civilistico.
Per approfondimenti:
“Le nuove responsabilità civili e penali nelle società di capitali”
di Luca Ponti, Paolo Panella Francesca Spadetto e Stefano Buonocore, Giuffrè Editore