Metaverso, Blockchain e Smart Contract
Sin dai tempi più remoti è il diritto che insegue la realtà.
Lo sviluppo della società, dell’uomo, delle tecnologie, infatti, origina nuove “realtà”, nuove situazioni con cui il giurista – a qualsiasi livello, dal giudice all’avvocato, al legislatore.. – deve confrontarsi.
I Giudici, in particolare, devono affrontare l’innovazione per fornire una risposta concreta alle esigenze di giustizia dell’uomo, del cittadino che vive nella società e che viene coinvolto in dinamiche e contesti del tutto innovativi, in precedenza neppure immaginabili.
L’avvocato deve confrontarsi con il cliente che chiede ausilio per difendere i propri diritti coinvolti o lesi nei nuovi contesti sociali, nella fase del contenzioso, e che, ancor prima, chiede consulenza nella fase precontenziosa, per gestire i propri interessi di business oltre che di sviluppo aziendale e imprenditoriale, sfruttando le potenzialità offerte dal progresso, gestendone adeguatamente i relativi rischi.
Ancora, il legislatore – che quasi sempre interviene in un secondo momento – deve prendere atto del progresso, dell’evoluzione della società, e quindi delle nuove esigenze di tutela dell’uomo… valutando se si sia necessario un intervento normativo al fine di garantire una maggiore tutela a determinate situazioni che potrebbero in qualche modo trovarsi “scoperte” (in quanto neppure immaginabili in passato).
Certamente vi sono alcune fattispecie – apparentemente non previste o considerate da alcuna norma – che, in realtà, possono essere agevolmente interpretate e “risolte” facendo applicazione dei principi generali dell’ordinamento giuridico. Mediante, cioè, il meccanismo interpretativo dell’analogia.
Altre situazioni, invece, soffrono effettivamente l’assenza di una normativa specifica e richiedono, quindi, l’intervento del legislatore.
Se è vero, infatti, che il nostro sistema non ammette “vuoti di giustizia” – dovendo il giudice in ogni caso dare una “risposta” a ogni “domanda”, facendo se del caso riferimento ai principi fondamentali – altrettanto vero è che le peculiarità di determinati fenomeni richiedono un’apposita disciplina positiva, non risultando “soddisfacenti” i risultati ottenuti mediante l’applicazione dei principi cardine del sistema.
Gli ultimi decenni hanno visto uno sviluppo tecnologico esponenziale, quasi travolgente.
La nascita e lo sviluppo di internet, infatti, hanno radicalmente cambiato il mondo, lo stile di vita e le abitudini del genere umano in ogni ambito.. si pensi alle comunicazioni, al lavoro (smart), il trasferimento di dati, di denaro (servizi bancari e finanziari).. Hanno, di fatto, “accelerato” i ritmi della vita sociale, “riducendo” le distanze geografiche.
Basti pensare a come la “vecchia” raccomandata a/r – che richiedeva giorni per giungere a destinazione, e ancor più tempo per garantire la conferma dell’avvenuto ricevimento – sia stata sostituita dalla PEC, che in pochi istanti giunge al destinatario con contestuale conferma di consegna per il mittente.
Ebbene, questo repentino progresso tecnologico (e sociale) ha richiesto un grande sforzo al giurista, il quale si è visto obbligato a trovare – in maniera altrettanto rapida – risposte ai nuovi interrogativi posti dalla società “tecnologica”.
E in un mondo in cui internet risulta ormai “superato” – nel senso che ormai non rappresenta più, di per sé, un’innovazione, ma costituisce, invece, la base, il punto di partenza, per lo sviluppo di ancora più nuove tecnologie – il giurista è chiamato a confrontarsi con nuove sfide.
Queste nuove sfide, segnatamente, derivano dalla nascita del cd. metaverso oltre che della blockchain e di tutte le tecnologie ad essa correlate quali NFT (Non Fungible Token), criptovalute e smart contract..
Temi che, se fino a ieri erano appannaggio di pochi, e riguardavano solo pochi settori elitari, (già) oggi destano l’interesse di molti, e, si ritiene, sono destinati a diffondersi sempre più.Il diritto, per millenni, si è preoccupato di fornire “risposte” e tutelare l’uomo che vive il mondo reale, materiale… quello che, d’altronde, era l’unico mondo conosciuto e concepibile. Quello che caratterizza le nuove sfide di cui prima si è anticipato, invece, è la necessità di ricercare e fornire delle risposte all’uomo che vive anche – contestualmente e parallelamente – in una realtà virtuale, non “terrena”, quella appunto del metaverso.
Laddove questo “nuovo mondo” appare destinato a integrarsi sempre più nella quotidianità di ognuno di noi.
L’angolo prospettico di questo contributo – volendo tralasciare gli aspetti più tecnici, anche a livello informatico, in relazione ai quali altre categorie di professionisti certamente godono di maggiori competenze – è quello di tentare di comprendere come possano (o potranno nel futuro più prossimo) influire tali novità nella quotidianità di tutti noi, e, in particolare, nella realtà e nelle dinamiche imprenditoriali.
Lo scopo, conseguentemente, quello di delineare quelli che saranno i nuovi “compiti” dell’avvocato a supporto dell’imprenditore. Quali potenzialità di business? Quali i nuovi rischi? Che “rimedi” preventivi devono essere attuati? Quali i nuovi interessi da tutelare?Un “buon” avvocato, infatti, è quello che in primis è in grado di comprendere, e finanche anticipare, le esigenze del cliente, fornendo risposte “concrete” e tempestive.Le nuove tecnologie del metaverso, della blockchain, delle criptovalute ecc.. offrono certamente enormi possibilità (forse ad oggi neanche compiutamente immaginabili) di sviluppo per le aziende – maggior velocità delle transazioni, risparmio di costi, maggior certezza nei traffici giudici ed economici e nelle transazioni – ma richiedono, allo stesso tempo, uno studio accurato, per evitare, o comunque gestire, le insidie sottostanti (insidie connaturate all’innovazione… laddove sono praticamente del tutto assenti precedenti da “replicare” o prendere a modello).
Si tratta, quindi, in primo luogo di mettere a fuoco e delineare nei loro tratti più salienti questi fenomeni. Cos’è il metaverso? Cosa la blockchain? Gli NFT? Gli smart contract? Molti sono i concetti con cui risulterà (e invero già risulta) necessario “entrare in confidenza”… concetti che, come si vedrà, impongono all’avvocato del terzo millennio di uscire dalla sua veste di “professionista tradizionale”, acquisendo alcune competenze di natura informatica, e richiedono all’avvocato una necessaria collaborazione con professionisti che, fino ad oggi, poco avevano a che condividere con il legale, quali informatici, programmatori ecc..Il metaverso, in particolare, come già sopra anticipato è una realtà virtuale, un mondo virtuale parallelo, tridimensionale e persistente, dove le persone – per il tramite del proprio avatar – possono “vivere” e relazionarsi tra di loro, compiendo una serie di attività (relazionali) senza la necessità di spostarsi da casa.
Ciò che caratterizza questo mondo virtuale – e lo distingue, ad esempio, da un videogioco (realtà proprio da cui nasce il metaverso) è la sua persistenza. In un videogioco – anche il più realistico – l’utente può accedere al gioco, giocare (per il tramite di un “personaggio”, affine all’avatar), salvare il gioco e i “progressi” effettuati, e infine, disconnettersi e spegnere il gioco. Il gioco, in quel momento, si ferma.Il metaverso, al contrario, continua ad esistere e a “funzionare”, a prescindere dal fatto che un utente titolare di avatar sia attivo o meno.
Proprio come una piazza o un mercato reali continuano a esistere anche se ci si trova altrove.Non si tratta più, nemmeno, solo di un social network, nel quale una persona può registrarsi creando un profilo personale e ove possono essere scambiate informazioni, immagini, ecc.. in maniera “asettica”.
Il metaverso è un vero e proprio spazio “virtuale” (o meglio, pluralità di spazi virtuali) dove le persone, per il tramite dei propri rispettivi avatar esistono e si muovono, parlano, interagiscono tra loro, dando origine così a una nuova socialità.Parliamo di un mondo ove esistono dei “beni” (si pensi agli NFT, Non Fungible Token – cfr. infra), che possono essere oggetto di diritti (forse nuovi? Forse non catalogabili tra i diritti propri del mondo fisico e del diritto tradizionale?), dove si concludono transazioni mediante criptovalute.
Una molteplicità di operatori economici – che, quotidianamente, tessono una complessa tela di rapporti giuridici e negoziali nel mondo reale – potrebbero iniziare (e, invero, alcune società molto famose sono già attive nel metaverso), a operare nella realtà virtuale, ponendo in essere condotte, atti giuridici e contratti idonei a produrre effetti nel mondo reale.Già da questa prima sommaria descrizione, emerge come il mondo del metaverso offra grandissime potenzialità per i traffici giuridici, con riflessi nell’economia “reale”.Alla base del concetto di metaverso, infatti, vi è l’interoperabilità tra le attività “virtuali” e quelle “reali” degli individui. Dal che discende la necessità per i giuristi, ed in particolare per gli avvocati, di studiare e approntare meccanismi volti a tutelare i diritti delle persone in questo mondo interconnesso, tenendo a mente, oltre ai rischi tradizionali anche quelli derivanti dalla predetta interconnessione.
Ma, concretamente, quali potranno essere gli sviluppi del metaverso in un’ottica imprenditoriale? In che modo il metaverso può divenire “strumento” di business?Sarà possibile, ad esempio, dare vita a nuovi canali di esposizione merce e vendita, realizzando e-commerce tridimensionali e immersivi. Compravendita in negozi virtuali di merce reale, che verrà consegnata, nella sua materialità, nel mondo materiale.In questa prospettiva, gli utenti interessati all’acquisto di un bene avranno la possibilità – non più solo di leggere la descrizione e visionare le fotografie a tal fine caricate dal venditore – ma avranno la possibilità di osservare in maniera tridimensionale tutti gli aspetti del prodotto di interesse, fedelmente riprodotto in una versione virtuale e 3D. Si pensi al banale acquisto di un frigorifero: l’acquirente avrà la possibilità di aprile gli sportelli, i cassetti, realizzare gli spazi e le dimensioni effettive del modello selezionato, confrontarlo con altri modelli presenti nel medesimo store virtuale…potranno, mediante apposite tecnologie in corso di sviluppo, addirittura toccare il prodotto percependo la materialità e consistenza dello stesso.
L’esperienza d’uso sarà decisamente più realistica e soddisfacente. Molto più simile a quella offerta da un negozio fisico, rispetto a un tradizionale e-shop.
Da un punto di vista legale – proprio in ragione di queste innovazioni “sensoriali” – si pone, ad esempio, il tema dell’applicabilità o meno della disciplina delle cd. vendite a distanza (ossia di quelle concluse in assenza della compresenza fisica del venditore e dell’acquirente). Ad esempio, ha (avrà) ancora senso concedere al consumatore un diritto di recesso ad nutum nel termine di 14 giorni dalla consegna del prodotto? Diritto che oggi viene garantito proprio in ragione del fatto che l’acquirente non avuto la possibilità di “toccare con mano” il prodotto comprato.
Chi scrive ritiene che, allo stato, probabilmente risulti comunque necessario garantire tutte le tutele previste per i tradizionali e-commerce in favore del consumatore. Ma la questione sarà, in futuro, certamente meritevole di approfondimento (in questo caso forse anche da parte del legislatore).
Se chi acquista, infatti, ha la possibilità di osservare e analizzare – finanche toccare con mano (virtuale) le caratteristiche del prodotto e il suo funzionamento – è opportuno prevedere che, una volta acquistato il prodotto, l’acquirente possa “ripensare” all’acquisto effettuato e recedere dal contratto?
Si tratta (tratterà), in definitiva, come sempre accade nel mondo del diritto, di bilanciare gli interessi delle parti coinvolte nella transazione.
Ma, oltre che nei rapporti B2C, il metaverso offre notevoli sviluppi anche nei rapporti B2B.Si pensi, ad esempio, alla società che organizzi nel metaverso (e quindi in una realtà agevolmente accessibile da ogni parte del mondo) uno showroom, una fiera dove presentare ed esporre i propri prodotti ai clienti, e ove questi ultimi, per il tramite dei propri avatar, hanno la possibilità di muoversi all’interno del meta-showroom, chiedere informazioni, interagire con gli altri avatar (dei quali sarà possibile analizzare il comportamento, ad esempio per comprendere quale sia il prodotto esposto a suscitare maggior interesse nel pubblico).
La possibilità è quella di ampliare enormemente la platea dei potenziali partecipanti alla manifestazione – e quindi in definitiva dei potenziali clienti –, laddove l’accesso alla stessa potrà essere effettuato mediante un semplice visore tridimensionale, ovvero comunque per il tramite di una connessione internet.
Nella misura in cui le distanze geografiche sono annullate, non vi sono trasferte da organizzare, nessun costo di trasporto, con semplificazione delle normali valutazioni di bilanciamento costi/benefici.
Il metaverso, ancora, secondo questa prospettiva di mezzo (o meglio, luogo virtuale) di comunicazione immersivo, fornirà la possibilità di utilizzare aule/stanze virtuali per la creazione di esperienze di apprendimento immersive, meeting e riunioni professionali ben più coinvolgenti di quelli che abbiamo sperimentato nel corso della pandemia.Sarà possibile, ancora, fornire servizi di assistenza ai clienti, formazione dei dipendenti, gestire e organizzare eventi e comunicazioni aziendali.
Ma vi è di più.
Ferme le possibili applicazioni – sopra solamente accennate – del metaverso in sé considerato, quale spazio virtuale di incontro e socializzazione, chi scrive ritiene che le maggiori potenzialità discendano dall'”uso combinato” del metaverso stesso e di tutte le ulteriori tecnologie della cd. blockchain.c
Senza alcuna presunzione di completezza – anche in considerazione del fatto che con riferimento agli aspetti più tecnici, differenti figure professionali (diverse dall’avvocato) certamente godono di maggiori competenze – la blockchain (letteralmente, catena di blocchi) può essere definita come un “registro contabile distribuito”, nel quale vengono automaticamente registrate le transazioni, che vengono effettuate per il tramite delle (ormai arcinote e sempre più diffuse) criptovalute e mediante i cd. smart contract.I blocchi che compongono questa catena digitale contengono dati – di qualsivoglia natura, messaggi, criptovalute, documenti digitali, ecc.. – che vengono registrati, attraverso un meccanismo crittografico, in blockchain in maniera certa e immutabile. Senza la possibilità di manomissione da parte degli utenti.
Ogni blocco di dati, infatti, quando raggiunge la sua capienza massima, viene sigillato, in maniera immutabile, e viene identificato con un codice alfanumerico di 64 cifre (detto funzione hash).
Il blocco successivo nella catena inizierà necessariamente con la medesima funzione hash del blocco precedente (ossia il medesimo codice alfanumerico), così garantendo una continuità – certa e non modificabile per volontà degli utenti (eventualmente malintenzionati) – dei dati registrati nei blocchi.Tale meccanismo garantisce una (automatica) sicurezza dei traffici giuridici e delle transazioni effettuate nella blockchain.
La blockchain, peraltro, come sopra anticipato è un sistema aperto e pubblico, il che comporta che chiunque potrebbe verificare il “registro” di transazioni. Dalla prima all’ultima.
E’ il sistema stesso alla base della blockchain, in definitiva, che garantisce la correttezza e la “linearità” delle transazioni, senza la necessità di un controllo da parte di soggetti terzi.Ed è proprio questa intrinseca “sicurezza” della blockchain che ha rappresentato il successo dello sviluppo e dell’enorme diffusione delle criptovalute: ossia della “moneta virtuale”, quale rappresentazione digitale di valore basata sulla crittografia che viene utilizzata per le transazioni del metaverso e nella blockchain.
La moneta convenzionale, infatti, per “funzionare” ha da sempre richiesto la fiducia degli utenti e operatori: fiducia nelle istituzioni che controllano e gestiscono i flussi monetari, fiducia negli stati, nelle banche – centrali e non. Fiducia che la moneta non venga svalutata per effetto di politiche monetarie discrezionalmente assunte dalle istituzioni e fiducia della corretta conservazione della moneta che viene depositata, da ognuno di noi, in un conto corrente.
Il “problema della fiducia” richiesta agli individui nelle “autorità” viene risolto grazie al sistema blockchain. Non risulta, infatti, più necessario fidarsi di un governo, ovvero di una banca. La fiducia è intrinseca alla blockchain e nel meccanismo informatico sottostante. Ebbene, sulla base di questo “sistema di blocchi”, hanno contestualmente visto le proprie origini gli NFT (Non Fungible Token) e i cd. smart contract.
Gli NFT, in particolare sono token (letteralmente “gettone”) particolari, non fungibili, ovvero unici, così come nel mondo reale i beni non fungibili sono quelli unici, non sostituibili con diversi beni della medesima categoria. Si pensi a un particolare dipinto di un artista, certamente non sostituibile con un’altra opera, anche se dello stesso autore ovvero relativa al medesimo oggetto.
Il token può essere considerato come un particolare documento informatico registrato nella blockchain che, a differenza dei documenti informatici sino ad oggi noti (si pensi a un file .pdf), è caratterizzato da una sua specifica “collocazione” e un suo specifico “possessore” (il titolare della chiave privata che consente di disporre del token). I token – così come, d’altronde, ogni dato/transazione nella blockchain – sono anche “storicizzati”, nel senso che sono collocati in un punto ben preciso nella catena nelle transazioni.Un token è, quindi, un documento digitale unico e durevole nel tempo, non duplicabile, che risulta disponibile e modificabile esclusivamente dal suo titolare, secondo il meccanismo degli smart contract (cfr. infra).
I Token Non Fungibili, pertanto, certificano la titolarità di una determinata risorsa. Sotto questo profilo, possono essere paragonati – costituendone in un certo senso l’alter ego in blockchain – ai “titoli” (dapprima materiali e successivamente dematerializzati) conosciuti nel mondo e nel diritto tradizionale. Ossia quei documenti che certificano la titolarità di determinati diritti e consentono la negoziazione degli stessi. Ad esempio un titolo azionario, un titolo obbligazionario, un assegno, un titolo rappresentativo di merce ecc.. I token (siano essi non fungibili, sia fungibili come ad esempio le criptovalute) possono circolare in una rete telematica, quella appunto della blockchain, senza l’intervento di un terzo fiduciario.
Ed è proprio questo, il punto di forza della block chain: la possibilità di compiere il trasferimento di diritti senza la necessità dell’intervento di un soggetto terzo fiduciario, che garantisca la validità ovvero l’efficacia della transazione.
Tutte le transazioni vengono automaticamente registrate nella blockchain, e questo di per sé risulta sufficiente a garantire validità ed efficacia delle operazioni.Gli NFT, in particolare, possono in primo luogo costituire beni (immateriali) in sé considerati.
Uno degli ambiti in cui i Non Fungible Token hanno raggiunto il massimo livello di notorietà è certamente quello delle opere d’arti digitali. Creazioni digitali uniche nella loro identità e non duplicabili, e quindi negoziabili in quanto tali. Con la necessità, a riguardo, di indagare quali siano i profili e risvolti giuridici in punto di diritto d’autore. In caso di compravendita di un NFT – opera digitale, quali diritti vengono ceduti all’acquirente? Al momento della “costituzione” di un NFT, pertanto, è opportuno che venga elaborato un “regolamento” giuridico, uno “statuto” dell’NFT, che preveda chiaramente e disciplini ed ex ante, quali diritti vengano trasferiti con la “vendita” dell’NFT e quali, invece, rimangano in capo al “creatore” (ad es. diritti di sfruttamento economico dell’opera?).
Riprendendo l’esempio dello showroom organizzato nel metaverso, i “beni virtuali” esposti dall’imprenditore sarebbero costituiti da NFT, i quali riproducono, appunto in maniera virtuale, i beni poi concretamente e materialmente prodotti e distribuiti dall’azienda. E ciò, pone l’ulteriore e rilevante questione in merito alla tutela del diritto industriale.
Può un NFT – che riproduca fedelmente un bene materiale specifico – essere registrato (e quindi tutelato) come marchio o come brevetto?Come può tutelarsi il designer, lo stilista che esponga nel metaverso, sotto forma di NFT, le proprie opere e le proprie creazioni?
Gli NFT, peraltro – ed è questo forse questo il punto, oggi ancora da esplorare, che potrebbe destare il maggior interesse da un punto di vista giuridico – potrebbero costituire anche il veicolo (al pari dei “titoli” tradizionali) per regolamentare la circolazione di diritti su un bene fisico sottostante, oltre alla predisposizione di un adeguato “statuto” dell’NFTSi potrebbe ipotizzare, ad esempio, di procedere alla “tokenizzazione” di beni fisici, prevedendo a monte che il trasferimento dell’NFT nella blockchain determini automaticamente il trasferimento del diritto di proprietà (o di altro diritto) anche sul corrispondente bene materiale.
Ovviamente una tale impostazione richiederebbe un sostanziale intervento a livello normativo – forse allo stato non ancora realizzabile concretamente, o comunque prematuro – al fine adeguare le norme codicistiche in tema di circolazione di diritti. Ma il diritto, come anticipato in apertura, è fatto per evolvere… e spesso si “adegua” alle esigenze del contesto sociale nel quale esso deve trovare applicazione.
Un tale sviluppo degli NFT in termini di circolazione del bene sottostante fisico, ad esempio, si ritiene potrebbe portare a notevoli benefici e semplificazioni in relazione alla circolazione di beni immobili.
Nel mondo giuridico reale, infatti, il diritto ha dato vita a complessi “sistemi” volti a garantire la certezza dei traffici giuridici. Ci riferiamo, per esempio, all’istituto della trascrizione immobiliare.Ogni atto di compravendita immobiliare, oggi, deve essere trascritto in determinati registri pubblici al fine di “garantire” che colui che in un determinato momento storico vende un bene, in un momento antecedente l’avesse a sua volta acquistato da un precedente venditore (e quindi che, al momento della vendita, sia effettivamente legittimato).L’istituto della trascrizione, quindi, si concretizza in una catena potenzialmente infinita di annotazione dei successivi passaggi di proprietà, e garantisce che colui che compra possa verificare ed esaminare tutti gli atti di compravendita stipulati nel tempo.
Tale meccanismo, peraltro, richiede l’intervento del notaio, quale pubblico ufficiale che redige l’atto di vendita in forma di atto pubblico e consente la trascrizione dello stesso. Sempre in ambito immobiliare, la “diffidenza” per i traffici giuridici, e più in particolarità nell’affidabilità e correttezza della controparte contrattuale (e in genere nell’affidabilità del genere umano) comporta che, in sede di azione di rivendicazione – i.e. la domanda giudiziale che deve essere proposta da colui che intende ottenere l’accertamento del proprio diritto di proprietà su un immobile e la restituzione dello stesso – colui che agisce non possa limitarsi a provare l’avvenuto acquisto dell’immobile (ad esempio allegando l’atto di compravendita), ma debba invece “retrocedere” con la prova della proprietà del bene nella catena dei trasferimenti fino al momento in cui si sia verificato un acquisto cd. a titolo originario, e quindi non dipendente dal trasferimento del diritto di proprietà da un soggetto a un altro. Nella pratica, solitamente, si rende necessario provare la proprietà del bene nei 20 anni precedenti, ossia il tempo necessario per l’usucapione del bene immobile (anche per il tramite degli istituti dell’accessione ovvero della successione del possesso da parte dei vari proprietari che si siano eventualmente succeduti nel tempo).
Ebbene, chi scrive ritiene che tutti questi complessi meccanismi sopra sinteticamente delineati – che certamente conducono a un rallentamento dei traffici, oltre che a un aggravio in termini di costi degli stessi – potrebbero, in futuro, essere superati mediante un adeguato sfruttamento della tecnologia blockchain.
Tecnologia che, come abbiamo visto, registra automaticamente ogni transazione, individuando in maniera precisa (e non alterabile) la titolarità di token.In tal senso, infatti, si potrebbe ipotizzare la “tokenizzazione” dei beni immobili, ossia la costituzione di token (registrati in blockchain) non fungibili ai quali “collegare” i diritti sul bene immobile reale, materiale.Beni immobili che, oggetto di transazione in blockchain, non richiederebbero più l’intervento del notaio, quale “fiduciario” di legalità, e non richiederebbero più la trascrizione della loro proprietà.
Ma i possibili sviluppi della tecnologia blockchain sono ancora maggiori.
Come sopra anticipato, le transazioni nella blockchain avvengono per mezzo dei cd. smart contract. Ulteriore concetto con il quale il giurista sarà chiamato a prendere confidenza.Senza voler entrare nel dettaglio del funzionamento tecnico, uno smart contract è un “programma”, registrato nella block chain, che esegue fedelmente e automaticamente i compiti allo stesso “affidati”, rispondendo alla logica “if this than that” (se questo, poi quello).
Gli smart contract, in particolare, consentono di prevedere che, al verificarsi di determinati presupposti prestabiliti, si producano automaticamente gli effetti giuridici voluti predeterminati… senza ulteriore intervento dell’uomo, e quindi senza che sia richiesta una ulteriore manifestazione di volontà.
Anche in questo caso, il codice degli smart contract viene scritto (registrato) in un token in blockchain, e ciò lo rende non sostituibile, non alterabile, e non eliminabile.Oltre a ciò, gli smart contract – proprio in quanto registrati nella blockchain – risultano “trasparenti” e verificabili da chiunque vi abbia interesse.
Il legislatore italiano, si evidenzia, ha fornito una prima definizione di smart contract in seno alla legge di conversione (L. n. 12 del 11.2.2019) del cd. Decreto semplificazioni 2018 (D.L. n. 135 del 14.12.2018), sancendone, all’art. 8 ter la natura di “programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuibili e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse“.
Gli smart contract, per le loro peculiarità di funzionamento sopra sinteticamente delineate, possono costituire strumento per gestire situazioni “standard”, ripetibili in una molteplicità di casi.
Il classico esempio è quello del treno in ritardo, che dà diritto ai viaggiatori a un indennizzo. Un treno doveva arrivare alle 15:01, ma ritarda di 8 minuti, arrivando alle 15:09. Se il viaggio di questo treno venisse registrato sulla blockchain, e i viaggiatori acquistassero il biglietto sulla blockchain mediante uno smart contract, al verificarsi del ritardo, potrebbero ottenere automaticamente un indennizzo correlato ai minuti di ritardo del treno, senza necessità di inviare un reclamo, e senza che, dall’altra parte, sia necessaria la presenza di un operatore che esamini il reclamo e determini l’importo del rimborso dovuto.
Già da un primissimo esame di questo nuovo istituto – di cui ancora oggi peraltro è dibattuta la sua natura di negozio giuridico – emergono le potenzialità dello stesso in ambito aziendale e imprenditoriale, quale strumento di semplificazione e accelerazione delle transazioni (per lo meno quelle più semplici), oltre che di riduzione dei costi connessi.Si immagini, ad esempio, che uno smart contract venga programmato prevedendo che, al ricevimento di un ordine e del relativo pagamento (effettuato nella blockchain) – e quindi in maniera certa e immutabile – lo smart contract trasferisca automaticamente la proprietà dei beni acquistati, ovvero trasferisca automaticamente l’ordine alla produzione dell’azienda.Oltre alla indubbia maggior celerità della transazione, tale strumento consentirebbe un notevole risparmio di costi.
Lo smart contract, infatti, renderebbe potenzialmente superflua la presenza di un dipendente addetto a ricevere e verificare gli ordini ricevuti e i pagamenti. Peraltro, proprio l’automatico funzionamento dello smart contract consente di ridurre drasticamente il livello di fiducia richiesto tra le parti: i termini e le condizioni contrattuali dello scambio, infatti, vengono predefiniti a monte, e, una volta realizzatosi l'”evento scatenante”, gli effetti si producono automaticamente.
Nel caso in esame, dunque, l’imprenditore che riceve l’ordine di acquisto o di produzione non sarebbe costretto a vagliare l’affidabilità (in termini contrattuali ed economici) del cliente. Lo smart contract, infatti, potrebbe prevedere l’automatico pagamento (eventualmente dilazionato) da parte del cliente al raggiungimento di determinati obiettivi di produzione (es. stato avanzamento lavori).
Verrebbero, quindi, ridotti al minimo i rischi di insolvenza da parte dell’acquirente ordinante.
In altri termini, le condizioni dello “scambio” sono predefinite a monte dalle parti e programmate sotto forma di smart contract: a valle, lo smart contract opera ex se… senza possibilità di alterazioni dall’esterno.
Così come, in casi differenti, uno smart contract può essere programmato anche per gestire il momento patologico del rapporto contrattuale, quello dell’eventuale inadempimento di una parte.
Uno smart contract può, infatti, prevedere, ad esempio, che in caso di inadempienze (prestabilite) il soggetto obbligato-inadempiente “automaticamente” trasferisca una determinata somma di denaro alla parte rimasta delusa (clausola penale). E ciò, almeno in astratto, senza la necessità dell’intervento di terzi garanti, quali fideiussori ecc..Il minor livello di fiducia, in definitiva, consente anche all’imprenditore di “contrattare” con un maggior numero di soggetti, anche a distanza, e di cui non si conosca la reale situazione economico-patrimoniale.
Si pensi a due parti che si “incontrano” e si “conoscono” nel metaverso. Pur senza una conoscenza profonda, le stesse potrebbero decidere di programmare uno smart contract al fine di predeterminare e gestire le condizioni del proprio rapporto commerciale.La certezza dei traffici giuridici è insito nel funzionamento della blockchain, nei termini sopra descritti.
Se lo smart contract è ben programmato, le parti beneficiano di un alto grado di affidabilità, e, una volta programmato a monte, sulla base delle volontà delle parti, potrebbe risultare drasticamente ridotto, a valle, ossia nel momento esecutivo, il rischio dell’insorgenza di contestazioni ovvero di questioni interpretative.
Così come gli smart contract possono risultare particolarmente utili, ad esempio, per gestire la distribuzione dei dividendi, il pagamento delle provvigioni agli agenti, la tutela dei diritti dell’emittente dell’NFT, la percezione di royalties, ecc..Come visto, non vi è dubbio che gli smart contract offrano grandi potenzialità nelle fattispecie più lineari, di più facile gestione. Allo stato, però, risulta certamente difficile riuscire a immaginare un loro utilizzo in circostanze più complesse, ove l’attività interpretativa dell’uomo gioca ancora un ruolo fondamentale.
Si pensi, ad esempio, a tutti i casi in cui venga richiesto un risarcimento dei danni, patrimoniali o, caso ancor più complesso, non patrimoniali (danni morali, esistenziali ecc..).O, ancora, la presenza di determinati vizi e difetti di un bene venduto, che ne pregiudica il corretto funzionamento.
E’ del tutto evidente che, in questi casi, si renderebbe ancora necessario l’intervento umano, un’attività interpretativa e una valutazione della fattispecie concreta.Non si deve pensare, quindi, che gli smart contract costituiscano (almeno allo stato) la panacea a tutti i mali.
Ciò che è certo è che, anche con riferimento agli smart contract, il giurista sarà chiamato a uscire dagli schemi tradizionali… svolgendo una ruolo essenziale nella programmazione di questi “contratti intelligenti”. Lo smart contract, infatti, come visto, di fatto riproduce in termini informatici una pregressa volontà condivisa delle parti (es. pagamento del prezzo vs trasferimento della proprietà). Si pone, quindi, il problema di tradurre gli accordi tra le parti – la volontà comune delle stesse – in un linguaggio che, oggi, risulta sconosciuto ai più, ossia quello informatico.Il rischio, evidente, è quello che si verifichi un cortocircuito tra il linguaggio giuridico e il linguaggio informatico.
L’avvocato del futuro (ma un futuro che si prospetta in realtà molto prossimo) sarà chiamato a cooperare con categorie di professionisti nuove che, sino ad oggi, erano ben distanti dal mondo legale e dalla realtà degli studi legali, quali, per esempio, informatici, programmatori ecc..
Fermo il fatto che la programmazione gli smart contract in termini informatici, computazionali, saranno certamente opera di professionisti del settore, il ruolo dell’avvocato – chiamato certamente ad acquisire nuove competenze – sarà quello di permettere la traduzione in un linguaggio informatico della volontà (espressa a parole) delle parti, ed in particolare del proprio cliente.
Valutando e gestendo a monte, ancor più che nella contrattualistica tradizionale, tutti i rischi derivanti da questa nuova tecnologia.
In ipotesi di fattispecie più complesse, peraltro, il giurista sarà chiamato a verificare la linearità e la coerenza del funzionamento combinato di più smart contract, al fine di garantire che gli effetti prodotti, a valle della loro attivazione, siano coerenti con la volontà espressa, a monte (al momento della predeterminazione dello schema contrattuale) dal cliente.
Le conseguenze di una errata programmazione dello smart contract (o di una rete di smart contract), infatti, potrebbero essere devastanti, atteso il funzionamento automatico degli stessi, in modo cioè svincolato dal controllo umano.
Gli errori di programmazione, infatti, potrebbero non risultare immediatamente percepibili, con la conseguenza che, medio tempore, lo smart contract trasferisca (erroneamente) ingenti somme di denaro o determini addebiti a carico di una parte al verificarsi di eventi non previsti o diversi da quelli voluti dalle parti.
In definitiva, le realtà innovative sopra descritte, l’avvento e la diffusione del metaverso e della blockchain – destinate ad entrare nella quotidianità in maniera sempre più pregnante – impongono all’avvocato di evolvere, di considerare questioni nuove, di adattare le proprie competenze legali alle nuove e più attuali esigenze dei propri clienti che sviluppino la propria realtà aziendale e imprenditoriale cavalcando l’onda del progresso tecnologico.
Luca Ponti, Edoardo Tessari